Starlink: Battle for Atlas – Recensione

Starlink: Battle for Atlas potrebbe venire erroneamente inteso come il tentativo semplice e senza grandi pretese di riportare in auge l’idea dei toys-to-life introdotta quasi dieci anni fa dalla serie Skylanders di Activision. Starlink, però, è molto più che un’avventuretta spaziale con qualche gingillo in plastica di accompagnamento. È un gioco vero e proprio, con tante idee interessanti e un approccio decisamente più profondo e sfaccettato rispetto a quelli che un tempo sarebbero stati i suoi colleghi, nel frattempo tutti finiti in pensione.In Starlink: Battle for Atlas le astronavi sono il fulcro centrale del discorso e dalle loro carlinghe non si scende mai e poi mai. I piloti, che siano quelli ideati dal team di sviluppo o l’ospite d’eccezione Fox McCloud di Nintendo (solo per la versione Switch ovviamente), non sono però chiamati unicamente a un continuo dog-fight tra le stelle, anzi. L’attività vera del gioco avviene sui pianeti, teatro ciascuno di una lotta per il controllo: da una parte l’iniziativa Starlink (i buoni), dall’altra le forze robotiche della legione (i cattivi), direttamente controllate dal malefico Grax. Dopo le primissime ore di gioco e l’esplorazione del primo pianeta il gioco rivela la sua natura, la sua struttura, la filosofia che ha portato Ubisoft ha definirlo un gioco di ruolo open world. Non del tutto a torto peraltro.

Atlas è una porzione di universo in buona parte inesplorata per la ciurma della nave interstellare Equinox, giunta nella galassia alla ricerca delle origini di un misterioso componente della squadra Starlink. Al loro arrivo i membri dell’equipaggio si rendono conto che qualcosa non va. Anzi, sono proprio i primi a farne le spese, perdendo immediatamente il comandante della spedizione. Il sistema sta subendo un’invasione senza precedenti da parte della Legione Dimenticata, una forza imponente che punta a soggiogare tutti i pianeti del sistema ai propri scopi che, ovviamente, non vi sveleremo. L’ombra della Legione, guidata dal mascherato Grax, si estende velocemente sui sette corpi celesti che compongono il sistema. L’obbiettivo dei piloti dell’Iniziativa Starlink, dunque, vira dalla rotta iniziale per concentrare ogni sforzo sulla liberazione dei pianeti dal giogo dell’invasore.
I pianeti si possono in effetti percorrere in libertà, sempre e comunque. La campagna principale suggerisce volta per volta un macro obiettivo a cui aspirare, ma viene poi concesso al giocatore ampio spazio di manovra e di potere decisionale. L’idea principale è che l’iniziativa Starlink debba aiutare gli abitanti dei vari pianeti a riprenderne possesso, liberandosi progressivamente dal giogo della legione. Per farlo è prevista l’interazione con tutta una serie di figure che stanno ben chiuse all’interno di particolari strutture, inizialmente quasi sempre disattivate e assediate dalla presenza dei nemici. Se la mappa di un pianeta è nei primi momenti praticamente inutile, limitandosi a indicare la posizione di alcune delle roccaforti degli avversari, è proprio affrontando alcune di queste fortezze (in realtà si tratta degli Estrattori che risucchiano energia dal cuore del pianeta), che si può iniziare la disinfestazione. Eliminandole si ricevono i dati sulla posizione di altri estrattori e a ogni abbattimento corrisponde un abbassamento della percentuale di controllo della legione sul pianeta. Distruggendo Estrattori, oppure nidi di Imp o, ancora, hackerando i dati di sonde cadute e abbattendo gli enormi boss chiamati Prime, non faremo altro che liberare porzioni di territorio che possono essere poi esplorate liberamente. Oltre a gironzolare nell’atmosfera, dunque possiamo anche volare rasenti al terreno per seguire la conformazione geografica del territorio alieno. In queste fasi free roaming è possibile fare tutto ciò che si vuole: catalogare il DNA di forme di vita sconosciute, raccogliere risorse da rivendere negli avamposti (o da utilizzare per potenziare anche la nave madre che donerà bonus passivi all’Iniziativa) e recuperare preziosi tesori da antichi monoliti, retaggio di una civiltà scomparsa chiamata i “Guardiani”. Inoltre, avvicinandoci alle strutture sparse sul territorio possiamo guadagnare la fiducia e i servizi degli abitanti attraverso sub quest molto elementari e rapide.

Lo spazio profondo, fra i bagliori stellari e cinture di asteroidi, fa da palcoscenico agli scontri più epici. In alcuni casi la nostra flotta dovrà abbattere giganteschi incrociatori, protetti da torrette difensive e sciami di caccia nemici che ci costringono a danzare fra i raggi laser. Sono momenti emozionanti ed adrenalinici, che non hanno nulla da invidiare alle battaglie spaziali viste al cinema.

Sulla superficie dei pianeti il gameplay cambia radicalmente. Spegnendo i motori la nostra nave comincia a fluttuare a pochi metri da terra, accostando la giocabilità a quella di uno sparatutto in terza persona, con tanto di salti e schivate. Può capitare di dover affrontare delle vere e proprie (per quanto brevi) sezioni platformistiche. Forse l’unica ingenuità dal punto di vista dei controlli, un po’ troppo nervosi e scattanti per il genere di precisione richiesta.

I combattimenti terrestri sono assai dinamici e resi più avvincenti dal sistema elementale degli armamenti. Ogni cannone che agganciamo sulle ali della nostra navicella causa un tipo particolare di danni, più o meno efficaci contro un particolare tipo di nemici. Molto intuitivamente, per esempio, i cannoni termici sono lo strumento migliore contro i mostri criogenici. Un sistema che funziona e diverte, grazie soprattutto alla possibilità di creare combo fra tipologie diverse di armi. Possiamo per esempio congelare un nemico con i razzi congelanti e poi finirlo in quattro e quattr’otto col lanciafiamme.e armi però sono un elemento da non sottovalutare, che dona profondità e varietà al gameplay… il cannone giusto al momento giusto semplifica decisamente la vita
È un sistema intrigante, che alla lunga forse mostra un po’ il fianco ad una certa ripetitività. Nonostante ciò, l’ottimo sistema di crescita riesce a mantenere le cose interessanti fino alla fine. Ogni elemento presente nel gioco acquisisce esperienza ed è potenziabile a proprio piacimento, e se ai piloti ad ogni livello possiamo assegnare dei punti abilità, ad armi e astronavi possiamo equipaggiare una serie di mod che troviamo durante il gioco, per lo più droppate dai nemici.

Una volta sconfitto Grax, comunque, su Atlas c’è ancora tanto da fare, altre storyline da seguire e altri pianeti da esplorare. Una run al livello di difficoltà più indicato alle nostre abilità, che miri a completare tutto al 100%, può tenere impegnati anche per il doppio del tempo.

Starlink: Battle for Atlas è un prodotto che gli addetti del settore amano identificare con l’etichetta Toys-to-life. Così come gli ormai defunti Skylanders, Disney Infinity e LEGO Dimension, il gioco interagisce con oggetti fisici, tangibili. Grazie ad uno speciale accessorio da collegare al controller (la versione per Switch include invece un grip dedicato nel quale infilare i Joy-Con) possiamo cambiare personaggi ed equipaggiamenti su schermo incastonando letteralmente fra loro pezzi di plastica. Prima infiliamo sul supporto il pilota, poi ci posizioniamo sopra la navetta, infine selezioniamo le armi da agganciare alle ali.

Volendo, su suddette ali possiamo inserirne un altro paio per modificare le statistiche della nave, o montare i cannoni al contrario, così da sparare ai nemici che ci colgono alle spalle. Ogni modifica, ogni variabile, viene istantaneamente letta dal gioco e riprodotta fedelmente su schermo. Ed è una cosa assai bella. La fisicità dell’esperienza è un elemento fondamentale nel successo di un titolo del genere, e più tocchiamo i vari accessori, più li maneggiamo, maggiore sarà l’affetto che proveremo per essi. In fondo sono giocattoli, non semplici statuine che scannerizziamo una volta e poi lasciamo sullo scaffale a prendere polvere. Da questo punto di vista Starlink è forse il Toys-to-life meglio riuscito. La sensazione di controllo sull’astronave è potente, anche solo per il fatto di averla sempre davanti a sé, appollaiata sul controller. Inizialmente l’effetto è un po’ strano, ma nel giro di un paio d’ore si instaura subito un rapporto speciale col proprio velivolo.
Nella mia partita ho potuto utilizzare quanto previsto dallo starter pack della versione per Switch del gioco, che include il Lanciafiamme, lo Sbarramento Glaciale (missili a ricerca) e il Tritatutto, una mitragliatrice. In aggiunta Ubisoft mi ha concesso due armi cinetiche: lo Shockwave è il fucile già accennato mentre il Guass Mk. 2 è un cannone che esplode un singolo colpo a caricamento. Tutto questo è sufficiente per arrivare alla fine del gioco, anche se ci sono svariati momenti in cui poter fare affidamento su armi a stasi o a gravità, per controbattere quelle della legione, mi avrebbe fatto sicuramente più comodo. Come è facile intuire l’equilibrio e la gestione della sfida di Starlink: Battle for Atlas è un discorso molto delicato e complesso. Intanto è giusto sapere che i pacchetti che includono una nuova astronave, un’arma e un personaggio sono in vendita a 29,90 Euro, mentre per i singoli personaggi o una coppia di armi si passa a 14,99 Euro.


Starlink: Battle for Atlas è una nuova promettente IP dedicata ai giocatori più giovani, che permette loro di esplorare un universo vasto e affascinante. Nonostante la storia poco incisiva e una certa ripetitività di fondo, il gameplay avvincente è riuscito a conquistarci.La realizzazione tecnica purtroppo è un pò altalenante, in particolar modo su Switch. Qui lo Snowdrop Engine propone una risoluzione piuttosto deludente tra texture sgranate ed effetti di pop up (e altro ancora), diventa difficile apprezzare al meglio il buon lavoro degli artisti di Ubisoft Toronto. I pianeti sono tutti piuttosto simili, ma hanno tante differenti zone in cui sembra ora di trovarsi in mezzo alla notte, ora baciati dal sole dell’alba. Non possono mancare comunque le classiche caratterizzazioni: il pianeta del ghiaccio e quello del fuoco, quello desertico e quello con una bella vegetazione rigogliosa, quello tutto paludi e via di questo passo. Da notare che in modalità portatile la batteria di Switch tende ad alzare bandiera bianca dopo un paio d’ore.

Da sottolineare però il buon adattamento in italiano, soprattutto nei testi e nelle scelte dei tanti nomi propri: un po’ assurdi, un po’ divertenti e comunque sempre curati
La produzione dei ragazzi di Ubisoft Toronto ha l’indubbio merito di proporre un’esperienza ludica che non si era ancora mai vista, nella peculiare fetta di mercato in cui si vuole inserire. Inoltre, cerca di essere trasversale, di parlare a più fasce di potenziali appassionati. Il titolo appare fresco e divertente tanto nella struttura quanto riguardo al gameplay, mentre la presenza delle pregevolissime aggiunte fisiche non fa altro che solleticare anche il palato di collezionisti d’ogni risma, nonostante il prezzo (sia reale che virtuale) non sia del tutto abbordabile. Il gioco, intendiamoci, permette di raggiungere la fine dell’avventura (magari con un po’ più di impegno) con il solo starter pack ma, se volete scoprire tutti i segreti che si celano nel sistema Atlas, qualche aggiunta la dovrete per forza mettere in conto. Purtroppo, Starlink soffre di una ripetitività di fondo che si fa sentire soprattutto nelle fasi avanzate, portando il giocatore a svolgere le attività solamente per raccogliere esperienza e risorse necessarie con cui raggiungere i titoli di coda.
Si tratta comunque di un debutto promettente e divertente, che personalmente spero possa rappresentare la prima pietra su cui costruire una serie più rifinita in futuro.

Recensione a cura di: Black Angel

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