Momodora: Reverie Under the Moonlight – Recensione

Dopo Moon Hunters, un po’ deludente, torniamo a parlare di luna e stavolta lo facciamo con entusiasmo perché il gioco che esamineremo oggi, Momodora: Reverie Under the Moonlight, è una piccola perla.
Si tratta del quarto capitolo, un prequel, dell’omonima saga ormai amata dai fan del talentuoso studio composto da appena 4 persone che risponde al nome di Bombservice, qui supportato dal publisher Playism.

Momodora: Reverie Under the Moonlight

In Momodora: Reverie Under the Moonlight veniamo calati nei panni di una sacerdotessa, Kaho dal villaggio di Lun, in viaggio attraverso un mondo maledetto e desolato con l’obiettivo di raggiungere il palazzo reale per ottenere un’udienza dalla regina, unica salvezza del regno.Ma non tutto va come sperato e dopo poco ci appare davanti una situazione ben peggiore del previsto, con la maggior parte degli abitanti in fuga o uccisi e persino le figure più rilevanti, tra cui vicari e sacerdotesse, in pericolo di vita.
E’ pur vero che la trama non ha nulla di originale né esaltante ed il finale si rivela meno intenso di quanto ci saremmo aspettati, ma in generale la storia viene narrata egregiamente dai personaggi incontrati e si protrae per circa 3 ore (poche, sì) senza punti morti, annoverando di volta in volta brevi sidequest e accenni di lore sparsi per gli angoli remoti della mappa, strutturata esattamente allo stesso modo dei vecchi Castlevania.
Nessuna proceduralità, per grazia di Zeus, solo del buon nostalgico level design reminiscente di epoche lontane, gli anni 80-90, in cui Metroid e Ninja Gaiden gettavano le basi di uno tra i generi videoludici più colti e nobili di sempre.
L’ispirazione ai grandi classici si unisce invero ai chiari omaggi alla saga Souls ed in particolare a Bloodborne, sia per quanto riguarda ambientazioni e tematiche che la zona combat system.

Proseguendo nel nostro viaggio quindi non avremo un narratore a farci compagnia, ma incontreremo alcuni personaggi che sbottoneranno timidamente dettagli sugli avvenimenti che hanno portato alla disperata situazione attuale. Facendo inoltre attenzione ad alcuni particolari ambientali potremo intuire ulteriori riferimenti alla vita prima della rovina del regno. L’utilizzo di questa soluzione narrativa non permette alla  trama di raggiungere un livello di profondità elevato, e il non detto viene lasciato all’immaginazione del giocatore, non è da intendersi però come un aspetto negativo. Si tratta infatti di una scelta degli sviluppatori oculata a dare aria alla penetrante atmosfera di rovina che circonda la protagonista, facendo sentire il giocatore totalmente immerso nelle strade di Karst, anche ignorando parte dei motivi che lo spingono ad addentrarcisi, dandogli un’unica incerta possibilità: farsi strada tra le corrotte strade di Karst e trovare la regina

Momodora opta per uno spiccato carattere Metroidvania e presenta già dalla prima area di gioco biforcazioni ambientali e cunicoli inizialmente inaccessibili, solleticando la  curiosità del giocatore facendolo subito arrovellare sulle meraviglie che potrà scovare esplorando. La mappa a tal proposito è perfettamente interconnessa , vi ritroverete spiazzati scoprendo gli insospettabili collegamenti tra due aree apparentemente lontanissime tra loro.
La struttura delle  varie zone di gioco da un punto di vista ludico è squisitamente Platform , caratterizzata da un level design di tutto rispetto, coniugato a un feeling del salto preciso e prontamente responsivo, che rende un piacere muoversi (anche con l’aiuto di un paio di upgrade ) tra piattaforme semoventi, baratri senza fondo o disseminati di terribili trappole. Proprio dalle trappole dobbiamo riguardarci. Infatti durante il nostro viaggio ci imbatteremo in congegni di morte di tutti i tipi: dai classici e ricorrenti spuntoni, passando per frecce scoccate a tutta velocità dal pavimento, e non mancano enormi mazze ferrate che piombano dal soffitto. Alcune di queste sono ben nascoste ma i sottili indizi lasciati dagli sviluppatori permettono all’occhio più attento di scovarle con facilità, donando un certo senso di soddisfazione nell’evitare la tragedia.
Arriviamo dunque alla componente meno riuscita del titolo, di certo non per questo scadente. Se da un lato l’atmosfera sa essere pregna e coinvolgente con un level design che non viene mai a noia, sul fronte dei combattimenti  il  titolo non pecca, ma nemmeno eccelle. Pad alla mano abbiamo a che fare con uncombat sistem immediato  ma con una profondità non soddisfacente.

I nemici che andremo ad affrontare con il nostro equipaggiamento sono invece ben variegati, e nella maggior parte dei casi capaci di eseguire due o tre mosse differenti. Dietro l’IA che li gestisce non c’è però un lavoro particolarmente impegnativo. Gli sviluppatori hanno infatti giocato sul loro posizionamento, e piuttosto che essere braccati dagli spietati mostri, ci ritroviamo nel mezzo di fuochi incrociati o bersagliati da incantesimi lanciati da una posizione sopraelevata, il tutto mentre siamo intenti a saltare da una piattaforma all’altra. Non appena ci ritroviamo tra le mani il molestatore di turno però, è difficile che questo riesca a metterci ulteriormente i bastoni fra le ruote e riusciamo il più delle volte a eliminarlo senza problemi. Discorso simile per i boss, spesso imponenti e minacciosi, vengono tutti affrontati in arene piatte nelle quali la schivata e il salto sono le uniche vie di uscita dai loro pattern di attacco) ben diversificati anche in questo caso (che purtroppo una volta imparati lasciano allo scoperto una IA non eccessivamente sveglia. Fatta quindi eccezione per un paio di avversari decisamente più abili, tra una schivata ed un’altra possiamo applicare una strategia estremamente aggressiva, tanto più che con i boss umanoidi l’utilizzo di questa tattica ci premia stordendo l’avversario per un mezzo secondo, tempo sufficiente a infliggere uno o due colpi in più.

VOTO: